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Elezione Presidente della Repubblica: come e quando si vota

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Elezione Presidente della Repubblica: come e quando si vota

Roberto Fico, il 4 gennaio 2022, ha inviato la lettera per convocare il Parlamento in seduta comune: la prima votazione per eleggere il nuovo presidente della Repubblica si terrà il prossimo 24 gennaio, alle 15.

La votazione, per contrastare i rischi di contagio a causa della pandemia Covid, sarà soggetta a limitazioni.

Ma come si elegge il capo dello Stato?

La procedura per eleggere il presidente della Repubblica è stabilita dalla Costituzione (articoli 83, 84 e 85). Trenta giorni prima che scada il termine del mandato del capo dello Stato, recita appunto l’art. 85 della Carta, «il presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo presidente della Repubblica». Il mandato di Sergio Mattarella scadrà il 3 febbraio (giorno in cui giurò nel 2015): ecco perché la convocazione è stata ufficializzata oggi.

Saranno 1.008 o 1.009 i Grandi elettori riuniti in seduta comune: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno, designati in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. In realtà attualmente il plenum è fermo a 1.007 componenti: i senatori sono 320, in attesa che l’Aula del Senato convalidi il subentro del senatore del Pd Fabio Porta a quello del Maie Adriano Cario, dichiarato decaduto. I deputati attualmente in carica sono invece 629, essendo vacante il seggio lasciato libero dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ma per domenica 16 gennaio sono state convocate le elezioni suppletive , pertanto il nuovo eletto si aggiungerà al plenum appena verrà proclamato.

L’elezione per il successore di Sergio Mattarella sarà l’ultima che vedrà protagonista un numero così ampio di Grandi elettori, visto che dalla prossima legislatura, come effetto della riforma costituzionale, ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno.

Ecco gli schieramenti politici dei 1.007 Grandi elettori (in attesa che si configuri la mappa definitiva arrivando a 1.008 o 1.009).

Il centrodestra può contare su 450 esponenti che fanno riferimento ai partiti dentro la coalizione: 196 sono della Lega (il senatore Paolo Saviane è deceduto e il suo seggio resta vacante), 127 di Forza Italia, 58 di Fratelli d’Italia, 31 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea, 5 di Noi con l’Italia, ai quali si aggiungono i 33 delegati regionali.

Il centrosinistra (includendo il M5S) può contare su 420 voti se si esclude Italia viva, su 463 se si conteggia anche il partito di Renzi (43). Il Pd conta 133 grandi elettori, il M5s ne ha 233, Leu 18, Azione-+Europa 5, Centro democratico di Bruno Tabacci ha 6 deputati. A questo blocco si aggiungono i 25 delegati regionali, più Gianclaudio Bressa, iscritto al gruppo per le Autonomie ma eletto con il Pd.

Per questa elezione ci sono 6 senatori a vita: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia.

Il gruppo delle autonomie-minoranze linguistiche conta 4 deputati e 5 senatori, al cui gruppo a Palazzo Madama sono iscritti anche Gianclaudio Bressa (Pd), Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa) e i senatori a vita Cattaneo e Napolitano.

In questa legislatura il gruppo Misto di Camera e Senato è assai lievitato e al suo interno ci sono numerose componenti. Il gruppo più nutrito è la pattuglia formata dagli ex M5s di Alternativa C’e’ che per le votazioni del Quirinale ha 19 grandi elettori, Azione-+Europa-Radicali (5), Centro Democratico (6 deputati), Maie (3 deputati, 3 senatori), FacciamoEco (3 deputati), Nci (5 deputati). Nel Misto al Senato c’è poi LeU (6) e tanti fuoriusciti M5s (24 alla Camera che risultano non iscritti a nessuna componente insieme all’ex Leu Michela Rostan mentre a Palazzo Madama sono nel misto 15 ex M5s, i 3 ex 5s ora Italexit e 1 ex 5s ora Potere al Popolo).

I quorum

La Costituzione prevede che nelle prime tre votazioni la maggioranza richiesta per l’elezione sia quella dei due terzi dei componenti dell’Assemblea, che sulla base di 1.007 Grandi elettori sarebbe di 671 voti. Dal quarto scrutinio il quorum si abbassa: per essere eletti basterà la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, pari a 504 voti. Non c’è una prassi certa sulla cadenza delle votazioni; la seduta comune è considerata un’unica seduta anche se si sviluppa in più giorni. Riepilogando: la maggioranza dei due terzi ai primi tre scrutini è di 672 con i 1.007, sale a 673 con 1.008 e resta a 673 con 1.009 Grandi elettori. Quella assoluta è di 504 con 1.007, sale a 505 con 1.008 e resta a 505 con 1.009.

La procedura di votazione

Per consuetudine voteranno prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La «chiama» dei Grandi elettori sarà ripetuta due volte. Ognuno entrerà nelle cabine (dette «catafalchi», usate per la prima volta nel 1992 per assicurare totale segretezza) poste sotto il banco della presidenza e scriverà il nome del candidato che intende votare nella scheda che gli verrà consegnata dal commesso, già timbrata e firmata dal segretario generale di Montecitorio. Quindi, uscito dalla cabina, l’elettore depositerà la scheda, ripiegata in quattro, nell’urna di vimini e raso verde, ribattezzata «l’insalatiera», davanti alla quale c’è un segretario di presidenza.

Lo spoglio

Lo spoglio viene eseguito dal presidente della Camera, che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto dai funzionari della Camera e dai componenti dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, che si assumono il compito di scrutatori. Nel 1992 Oscar Luigi Scalfaro era presidente della Camera e lesse le schede della votazione che lo portò al Quirinale; ma, poco prima che il quorum fosse raggiunto, lasciò il posto al vicepresidente della Camera, Stefano Rodotà, e aspettò il risultato definitivo nel suo ufficio.

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