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venerdì, Marzo 29, 2024
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Brasile, assalto al Parlamento: almeno 400 arresti

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Brasile, assalto al Parlamento: almeno 400 arresti

Il giudice della Corte Suprema brasiliana Alexandre de Moraes ha destituito per 90 giorni il governatore di Brasilia, Ianeis Rocha, per essere stato presumibilmente a conoscenza dell’assalto alle istituzioni da parte di sostenitori di Bolsonaro. Moraes ha preso questa decisione a seguito della richiesta di un senatore, Randolfe Rodrigues, e dell’ufficio del procuratore generale, considerando che i manifestanti avevano l’approvazione del governo di Brasilia per compiere l’assalto.

Almeno 400 persone sono state arrestate in seguito all’assalto, ha dichiarato Ibaneis Rocha, governatore del Distretto federale del Paese di cui fa parte Brasilia. “Pagheranno per i crimini commessi”, ha twittato Rocha. “Continuiamo a lavorare per identificare tutti gli altri che hanno partecipato a questi atti terroristici nel Distretto Federale. Continuiamo a lavorare per ristabilire l’ordine”.

“La violenta escalation di atti criminali ha portato all’invasione dei palazzi del Palazzo Planalto, del Congresso nazionale e della Corte di Cassazione federale, con depredazione di beni di demanio pubblico, come ampiamente riportato dalla stampa nazionale”, ha dichiarato de Moraes, aggiungendo che “queste circostanze potrebbero verificarsi solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione delle autorità competenti in materia di pubblica sicurezza e intelligence, poiché l’organizzazione delle presunte manifestazioni era un fatto notorio, che è stato diffuso dai media brasiliani”.

Allo stesso modo, ha indicato che le prove a carico del governatore sono che i criminali sono stati scortati dalle forze di sicurezza sulla scena del crimine, che la polizia non ha fatto resistenza nonostante la gravità della situazione e che parte del personale è stato dispiegato non ha rispettato le regole.

Cosa è successo

Le forze di sicurezza hanno sgomberato il Congresso nazionale brasiliano e altri siti governativi di Brasilia dopo che migliaia di sostenitori dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto l’area. I manifestanti sono riusciti a irrompere nel Parlamento sfondando i cordoni di sicurezza. Hanno distrutto le finestre della facciata dell’edificio del Congresso e hanno preso d’assalto l’ingresso.

Dopo l’attacco al Congresso, i sostenitori di Bolsonaro si sono spostati alla Corte Suprema, dove hanno rotto le finestre e sono entrati nell’atrio. In seguito, sono entrati nel Palácio do Planalto, la sede ufficiale del presidente, dove sono stati visti in televisione mentre sventolavano bandiere brasiliane correndo per corridoi e uffici. Ci sono volute diverse ore prima che le forze di sicurezza riuscissero a riprendere il controllo degli edifici. I manifestanti si sono poi radunati nei parcheggi e nel prato di fronte al Congresso nazionale.

Bolsonaro ha perso contro Lula nel ballottaggio dello scorso ottobre e ha lasciato l’incarico alla fine dell’anno. Non ha mai riconosciuto esplicitamente la sua sconfitta elettorale. “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. Invece, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”, ha scritto su Twitter l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro negando la propria responsabilità per l’assalto. A più di sette ore dall’attacco agli edifici pubblici, l’ex presidente brasiliano ha assicurato che durante il suo mandato ha “sempre” rispettato la Costituzione, “rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la sacra libertà”. “Inoltre – ha aggiunto – respingo le accuse, senza prove, che l’attuale capo dell’esecutivo del Brasile mi ha attribuito”.

All’inizio della giornata Lula aveva accusato il suo predecessore di aver fatto “diversi discorsi… incoraggiando” quanto accaduto. “Questo è anche responsabilità sua e dei partiti che lo hanno sostenuto”, ha affermato Lula sottolineando: “Tutti i vandali saranno trovati e puniti”. “Scopriremo anche chi li ha finanziati”, ha aggiunto. Lula ha firmato inoltre un decreto che consente al governo di assumersi la responsabilità della sicurezza pubblica a Brasilia, “in risposta agli atti terroristici”, ha dichiarato il ministero della Giustizia.

“Questo assurdo tentativo di imporre la volontà con la forza non prevarrà”, ha dichiarato il ministro della Giustizia e della Sicurezza pubblica Flávio Dino in un comunicato.

Mentre si è iniziato a scambiarsi le colpe sull’incapacità delle forze dell’ordine di prevenire i disordini, Rocha ha dichiarato su Twitter che il capo della sicurezza della capitale, Anderson Torres, è stato licenziato. “Ho deciso di licenziare il responsabile della Sicurezza del Distretto federale e, allo stesso tempo, ho inviato tutte le forze di sicurezza nelle strade per arrestare e punire i responsabili”, ha scritto Rocha.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che il Brasile ha il pieno sostegno di Washington: “Condanno l’assalto alla democrazia e al trasferimento pacifico del potere in Brasile. Le istituzioni democratiche del Brasile hanno il nostro pieno sostegno e la volontà del popolo brasiliano non deve essere minata”, ha scritto su Twitter.

Anche il capo degli affari esteri dell’Ue Josep Borrell ha condannato gli “atti di violenza antidemocratica” e ha ribadito il “pieno sostegno” dell’Unione europea a Lula e al sistema democratico brasiliano. “I leader politici brasiliani, e in particolare l’ex presidente Bolsonaro, devono agire in modo responsabile ed esortare i loro sostenitori a tornare a casa. Il luogo dove risolvere le differenze politiche è all’interno delle istituzioni democratiche brasiliane e non attraverso la violenza nelle strade”, ha dichiarato Borrell in un comunicato.

“Condanno l’assalto alle istituzioni democratiche del Brasile. La volontà del popolo brasiliano e le istituzioni del Paese devono essere rispettate. Sono fiducioso che sarà così. Il Brasile è un grande paese democratico”. Così, su Twitter, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres . ADNKRONOS

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